A entrare nella tana del Lupo senza un buon fucile e il coraggio di sparare, bisogna essere avvezzi.

Così chi, sprovvisto dell'uno e dell'altro, si trovasse a girovagare in quei pressi, abbia almeno l’accortezza di abbandonare arie da Cappuccetti Rossi e mollezze da educande: le forze della natura non lasciano scampo e non concedono replica.

 

Quando capitano addosso come imperativi o divieti. Ebbene, aspettatevi agguati, colpi di mano, prodezze da prestigiatore buone a far saltare il mondo nel cappello. State pronti ai grandi balzi dell’IO: osservate come guadagnano il proprio territorio mentre saltano su altre geografie.

Spiate invidiosi il forsennato accanimento con cui il Lupo morde la vita, costruisce l’esatta traiettoria per il proprio giavellotto, ne pondera il peso, colpisce.

Calpesta la terra con zoccoli duri di cavallo, l’annusa cercando l’odore del branco. Che temano il suo morso, tutti i fratelli per condanna biologica. Stiano lontani dal suo viaggio: è iniziato da troppo tempo. Fiuta i sentieri della notte meglio di legnaioli e guardaboschi, ha scarpe di Arianna e respiro di Minotauro.

Inganna con cattedrali di parole, evoca un’eco fonda d'incoscienza, punta la freccia a cui attorciglia lo sguardo. Soprattutto non sbaglia la misura. Il Lupo.

Ma quando, alla fine, vi ha catturati, vi regala una storia. Se avete fucile e coraggio, ascoltatela.

Elena Guerra

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